Gli artefici della sconfitta, 1940-1943

Una guerra si può anche perdere, ma solo dopo averla combattuta strenuamente.
1940-1943: militari di truppa, sottufficiali e graduati, subalterni con alcune eccellenti eccezioni di ufficiali superiori, si sono –in massima parte – distinti, mentre la nullità, la mediocrità, l’incompetenza,l’inettitudine sono stati i requisiti dominanti, permeanti, negli alti gradi, preliminarmente e precipuamente negli Stati Maggiori, dove dovrebbero risiedere i <cervelli tattici e le menti strategiche>.
E’ mancata la dottrina.
Erano completamente assenti l’umiltà, la curiosità, la metodica analitica, lo studio sistematico e l’indagine meticolosa di quanto accadeva, di quanto si elaborava, sperimentava e innovava all’estero, in particolare nell’emisfero dei possibili, potenziali avversari e nemici e nei confini dei potenziali alleati.
Non si colsero tempestivamente, né si assimilarono concettualmente, psicologicamente le nuove e rivoluzionarie <filosofie>. Si disprezzarono ostentatamente i nuovi mezzi e i materiali connessi, come pure l’intreccio dei fattori e il <nuovo> tecnologico e scientifico. La <mente> della Forza Armata, intesa nella sua globalità, era ammuffita, appiattita e arenata su vecchie e arcaiche metodologie superate, fuori tempo e spente.
Lo Stato Maggiore era avvizzito, povero d’intelletto e di umiltà,¸ grondante di sussiego, presunzione,prosopopea, albagia, sordo agli stimoli di pochi coraggiosi, se non addirittura temerari, invocanti scosse poderose, onde uscire dalle fitte nebbie, opprimenti, di concezioni fatue, di orrendi nefasti luoghi comuni, del tipo: fanteria regina delle battaglie.
La  supponenza ispirava tragicamente i vertici militari, mentre il potere politico, adagiato sui suoi presunti privilegi e sulla ipotetica unicità creativa del sistema, non avvertiva l’inquinamento decisionale appiattito sullo stato di sudditanza nei confronti della gerarchia e della classe militare a sua volta alimentata  dalla medesima inesauribile prosopopea, assisa, avvinghiata, sull’orrido vuoto intellettuale .
La triplice suddivisione delle Forze, Esercito, Marina, Aeronautica, costituiva tutt’altro che un’armoniosa e funzionale struttura, coordinata e interoperativa, ma, esclusivamente, una mostruosa fonte di contrasti, gelosie, attriti, lungi, quindi, dal concretizzare ed esprimere una logica, funzionale organizzazione, idonea al migliore e più redditizio, poderoso impiego delle energie e dei mezzi, finalizzato alla cooperazione.
Inesistente e neppure mai immaginato uno Stato Maggiore integrato e uno strumento unico per le scelte, la conduzione operativa, l’analisi, la valutazione, l’utilizzo delle informazioni, eliminando così attriti, invidie, scongiurando i dissidi, gli screzi, le trappole generati dall’individualismo esasperato,  dai rancori sotterranei: qualificando al meglio le singole qualità e le intuizioni, sottoposte al vaglio di un sana e immediata critica, anche aspra e comunque annullando all’origine, gherminelle et similia.
Nessuno, infatti, ebbe l’ardire o il buon senso nel consigliare lo studio dei suggerimenti scaturiti dai molteplici fronti della Grande Guerra, suggerimenti o intuizioni, scintille degli enormi sviluppi tattici esplosi poi nel secondo conflitto mondiale.
Alcuni esempi sepolti poi nell’inerzia mentale di un lungo illusorio primo dopoguerra.
• l’utilizzo di un gruppo di automezzi da trasporto e da combattimento per compiere attacchi di sorpresa  in profondità, all’interno del territorio nemico ( ne scaturirono i britannici < Long Range Desert Group>, Reparti adeguatamente attrezzati per lunghi raids nel deserto,sino nelle retrovie del nemico, per attaccare aeroporti, depositi, colonne di rifornimenti etc.),
• impiego di velivoli per il supporto diretto alle forze di terra, come accadde da parte dei bombardieri Caproni e dei caccia italiani durante la battaglia della Bainsizza e poi in quella del Solstizio, giugno 1918, e , su scala ancora maggiore, sul fronte occidentale, da parte dell’aviazione alleata, segnatamente con l’impiego di reparti americani.
• aerosiluranti: sperimentati, impiegati con successo, dai Britannici e dai Tedeschi.
• creazione dei primi reparti di fanteria meccanizzata ( Mesopotamia, 1918) e di cellule di forze motorizzate.
• Impiego a massa di sommergibili (Branchi di Lupi)…
Non si ebbe, quindi, alcun apprendimento dalle vicende di un conflitto protrattosi dall’estate 1914 all’autunno 1918, con il coinvolgimento di industrie e della offensiva  massiccia subacquea, tendente a strangolare l’Impero Britannico, offensiva giunta a un millimetro dal clamoroso successo.
Basti qui ricordare che  i sommergibili austro-tedeschi colarono a picco:
nel febbraio 1917,  250 piroscafi; nel mese di marzo gli affondamenti colpirono ben 330 navi, mentre nel mese di aprile, i sommergibili affondarono 430 mercantili, la cifra più alta di tutto il conflitto.
Gli esperti segnalano che nel mese di aprile 1917, un quarto delle navi partite dal Regno Unito, furono affondate prima ancora di avere ultimato l’intero viaggio di andata e ritorno.
Si deve precisare che i dati non sono esatti all’unità. In realtà gli affondamenti furono sicuramente  maggiori.  Il mancato successo della guerra sottomarina, dipese, essenzialmente, dal ritardo e dalla remore con cui le autorità tedesche, dopo la pausa del 1916, decisero la ripresa (gennaio 1917) della guerra subacquea senza  le restrizioni, previste dagli accordi internazionali (preavviso da parte del sommergibile prima di fare fuoco, tempo concesso per l’abbandono del mercantile da parte dell’equipaggio a bordo delle scialuppe, rispetto delle navi mercantili con bandiera neutrale).
 

Miseria intellettuale

La miseria intellettuale affliggeva lo Stato Maggiore e, in genere, l’intera categoria degli Ufficiali, mentre la piramide degli alti comandi rifletteva la situazione, con ufficiali di gradi elevati tronfi e dispotici quanto a etichetta,  protocollo e presunzione e , di converso, gretti, ottusi  ignoranti a fronte di doveri e obblighi istituzionali e attività concreta di comando  e di iniziativa sulla linea del fuoco.
Il tessuto connettivo del disegno bellico denunciava la miopia endemica derivante da una politica estera con orizzonti limitati, meramente provinciali, figlia di un’antica sudditanza genetica propria di una classe dirigente improvvisata, storicamente incolta, incapace di qualsivoglia slancio meditato e povera di orizzonti strategici e dei mezzi coerenti, in primis una flotta adeguatamente dimensionata, con comandanti  ed equipaggi opportunamente, severamente selezionati, duramente addestrati e soprattutto motivati, e tenuto nel debito conto le esperienze maturate negli anni della Grande Guerra, delle conseguenti e collegate forze aeree, sfruttando e potenziando gli eccezionali esiti tecnici, industriali  e operativi conquistati tra il 1915  e il 1918. Stupidamente accantonati se non addirittura svalutati e umiliati.
Le responsabilità risalgono agli ani ’20 e ’30 del secolo scorso, all’ignavia e alla perdurante sonnolenza, e al letargo delle menti, mentre in Europa, oltre Atlantico e in Estremo Oriente si andavano affermando e affinando i principi e i concetti elaborati, approfonditi, coordinati di alcuni tra i più attenti,preparati e brillanti cervelli tattici, sensibili ai mutamenti della politica internazionale, studiosi degli equilibri economici, finanziari, scientifici e delle conseguenze determinate e in  costante evoluzione nei vari scacchieri e- conseguentemente- dei nuovi equilibri strategici e delle sempre più complesse e articolate interdipendenze  logistiche.
Diveniva prioritaria la capacità di rischieramento, come pure, l’ampiezza e la profondità del braccio operativo.
Tra il molto trascurato, il rapporto tra l’area di presunto e/o prevedibile teatro d’operazioni e la panoplia dei mezzi e degli apparati indispensabili, in confronto e rapporto con quanto disposto e disponibile nel campo avverso.
Implicito  il ruolo degli Ufficiali di Stato Maggiore.
Conoscenza del Territorio, Familiarità con gli Scacchieri, Integrazione con le Informazioni.
Sono tre incarichi di Stato Maggiore quanto mai importanti e prioritari.
Conoscenza del Territorio:  (era) un lavoro preliminare, arricchito- per quanto possibile -  di carte topografiche, mappe, aerofotografie ( attualmente i satelliti e i velivoli tele/radioguidati risolvono la maggior parte delle problematiche, anche se in determinate aree il pattugliamento umano è insostituibile). Settanta, Ottant’anni fa ( anni 930 e seguenti….) solo l’aerofotografia consentiva una visione d’insieme con indicazioni di massima…
Eppure esploratori civili e persino viaggiatori (tipici quelli inglesi), potevano sopperire alle carenze, acquisendo informazioni direttamente, de visu, relazionandogli opportuni terminali onde completare e/o arricchire di particolari, sovente preziosi, la cartografia disponibile. Preziose al riguardo ,le fotografie delle aree  visitate.
Visite turistiche o di archeologi non raramente culminate con la creazione di cellule informative.
Tra le protagoniste di simile lavoro informativo la nota scrittrice di gialli Agatha Christie, consorte di un archeologo impegnato in scavi e ricerche in Medio Oriente. Una copertura straordinaria, resa ancora più credibile, dalla lunga consuetudine di presenza in quell’area strategicamente formidabile.
La conoscenza particolareggiata del territorio e soprattutto la familiarità con le condizioni climatiche e l’andamento stagionale, consentivano di predisporre adeguatamente l’organizzazione dei Reparti, la composizione numerica, l’equipaggiamento, i mezzi ruotati, se previsti o essenziali, opportuni, i materiali di supporto (in particolare per le trasmissioni), armi, munizionamento, viveri, medicinali, carburati, etc.
Purtroppo lo Stato Maggiore Italiano, pur avendo nei territori di competenza, la Libia, la Somalia e l’Etiopia, senza dimenticare l’Eritrea e la sua posizione strategica, a fronte del Mar Rosso e delle isole Hanish e Zucur, che dominano l’asse del Basso Mar Rosso, si distinse, penosamente, ottusamente, tristemente, per l’esiguità, la superficialità, l’approssimazione, l’inadeguatezza e la  noncuranza di uno studio sistematico del territorio nord-africano e dell’Africa Orientale in nostro possesso, segnatamente della Libia dal confine occidentale con la Tunisia sino a quello orientale con l’Egitto. Mancarono pure e totalmente lo studio, la progettazione, la sperimentazione, il collaudo di mezzi di trasporto idonei a muovere agevolmente  nel deserto e fuori delle piste, particolarmente nel deserto della Marmarica e sino all’Oasi di Giarabub. Non si ebbe alcuna riflessione su questo aspetto dell’attività operativa.
Una sottovalutazione totale, un errore colossale.
Prevaleva - ED ERA DISPONIBILE -  SOLO  IL MOVIMENTO A PIEDI. Nessuna attenzione,  ad esempio- agli accadimenti verificatisi nelle citate campagne della Mesopotamia da parte dei Britannici, ideatori e primi utilizzatori della fanteria meccanizzata.
All’esame del territorio, alla familiarizzazione da parte della catena di comando e, prima ancora, alla fase dell’addestramento, furono dedicati tempi assolutamente insufficienti e inadeguati.
Non si ebbe cura di abilitare il personale alla conoscenza dell’ambiente e di seguito: caratteristiche salienti: superficie, risorse idriche esistenti, condizioni meteorologiche e andamento delle medesime,  morfologia del territorio, distanza chilometriche, localizzazione di nodi stradali, ferroviari ( se esistenti) ed eventualmente fluviali, possibili obiettivi di sabotaggio e colpi di mano di incursori e assaltatori.  Non si avvertì, in sintesi, l’esigenza di preparare, addestrare selezionare comandanti di unità minori dotati di approfondite conoscenze dei territori ove presumibilmente in caso di conflitto si sarebbe dovuto manovrare e combattere.
Quanto precede, elementi fondamentali di uno scenario da arricchire dalle notizie e dai particolari forniti dall’Intelligence.
In proposito, il informazioni costituisce il punto nodale della preparazione e dell’addestramento.
In sostanza: si ebbero militari privi di adeguate motivazioni e consapevolezze e con identificazioni sommarie. Uomini passivamente inquadrati, soggetti sostanzialmente passivi, difficilmente trasformabili in guerrieri.

Conoscenza uguale a consapevolezza-
Consapevolezza uguale a prontezza –
prontezza uguale a reattività-
Conoscenza uguale a capacità-
Addestramento mentale, quindi, procedura essenziale finalizzata a motivare e sensibilizzare la Truppa, rendendola edotta in primo luogo della sua propria importanza, in secondo luogo della sua essenzialità.
Uomini convinti del proprio ruolo e del proprio valore intrinseco.
E in tale contesto, l’informazione osservata sotto le sue molteplici sfaccettature
1) Acquisizione di notizie sul probabile, potenziale nemico ,
2) Acquisizione di notizie sugli sviluppi tecnico/scientifici dei medesimo,
3) Acquisizione di notizie, informazioni, particolari sugli armamenti, sugli obiettivi politici e sui programmi di potenziamento,
4) Contromisure tese a ostacolare e possibilmente neutralizzare le iniziative avversarie  (controspionaggio…).

Punto 1) – i si riferisce ad una panoplia di obiettivi. Informazioni di carattere politico/economico/industriale/ scientifico/ culturale/sociale… In tal modo si ottiene un ventaglio di elementi che formano la conoscenza articolata di un obiettivo sia pure virtuale e delle sue potenzialità, oltre che  gli orientamenti anche morali, religiosi, che influenzano e non marginalmente il carattere, l’aggressività, i processi di formazione e,  conseguentemente,gli input di giudizio.
Quanto precede è il risultato di una lunga paziente attività di ricerca, comparazione, verifiche e analisi, ricorrendo ad un ampia area di raccolta e di fonti., la somma- costantemente aggiornata – di notizie, analisi, approfondimenti e l’esito di considerazioni, analisi, valutazioni, apprezzamenti.
Obiettivo particolarmente sensibile quello del settore tecnico/scientifico: i tre lustri dal 1925 al 1940 rappresentano uno squarcio di tempo di straordinario rilievo e fermento: le ricerche sulle onde elettromagnetiche e la loro applicazione costituirono la piattaforma dalla quale sorsero poi mutamenti profondi e in precedenza impensabili nell’evoluzione umana. Si allude alla possibilità di scoprire bersagli nell’oscurità più totale, determinandone la distanza esatta. Ricerche che si erano intensificate, pur entro una ristretta cerchia di specialisti e una cornice di assoluta sicurezza, e purtroppo, tra l’indifferenza se non la totale  diffidenza e  fredda incredulità da parte delle massime istanze governative e militari. L’ignoranza, la presunzione, la grettezza mentale rappresentavano delle impedimenta altamente frenanti e totalmente paralizzanti. Una dimostrazione ulteriore della pochezza scientifica italiana e, prima ancora – dell’esistenza di rare, isolate, straordinarie individualità, non comprese, non tutelate, non considerate, e  non favorite, vittime di gelosie, invidie, tenute a distanza da interessi, tutt’altro che limpidi, e da cosche di scadenti, presunti luminari, aggrappati tenacemente a non comprovate competenze e a illusorie preminenze, incapaci di esprimere idee nuove, di elevato contenuto. Un panorama squallido, infetto e fortemente contagioso.
Non vi fu nessuno capace di proporre e sollecitare un inventario internazionale del panorama scientifico delle nuove soluzioni e della nuova frontiera tecnico-militare, concretizzata in mezzi, soluzioni, sperimentazioni, realizzazioni.
Si sfiora qui il compito preminente dell’Intelligence, pagina quanto mai desolata e desolante della storia italiana.
Stati Maggiori avvinghiati a concetti e criteri ispirati dalle trincee, dai reticolati, dal fuoco incrociato delle mitragliatrici e affascinati dalla favoletta sulla “fanteria regina delle battaglie”, senza aver mai letto, meditato, riflettuto, studiato Napoleone, Guderian, De Gaulle (anni ’930), l’inglese Colonnello, poi Generale, J.F.C. Fuller, grande teorico dell’arma corazzata, l’ ufficiale britannico  che ideò l’attacco a Cambrai del novembre 1917, e per quanto si riferisce all’Italia, il maggiore Alfredo Bennicelli, pioniere  dei corazzati, ma per nulla apprezzato, anzi!, dai vertici politici ( che consideravano il carro armato vettore di disordini sociali) e ancor meno considerato  da quelli militari, assolutamente oscurantisti.
Evitato accuratamente ogni sguardo oltre confine ed è su questo orizzonte che si incentra la presente ricerca.

Il dominio dell'Aria

Cominciamo dall’Aria.
La Regia Aeronautica, creata dal capo del governo, considerava  il biplano il mezzo idoneo e più rispondente per il combattimento aereo, e  su tale antiquata formula basò  rigidamente la sua organizzazione operativa.
Non percepì l’eco di quanto di innovativo e di profondamente rivoluzionario si andava  concretizzando a livello concettuale, industriale e operativo, oltre confine.
L’industria aeronautica nazionale era frammentata. Povera di idee. Miseramente asservita all’estero, inerte, piatta, con alcune eccezioni di cui si dirà.  Era il periodo, alla metà degli anni ’30 del XX secolo, in cui i progettisti inglesi e germanici concepivano e creavano i velivoli da caccia della nuova generazione: monoplani velocissimi e fortemente armati, chiudendo definitivamente l’era dei biplani.
Solo una ricerca a tutto campo negli archivi consentirebbe, forse il reperimento di una documentazione  comprovante l’interessamento dei servizi di intelligence sui progetti e sui prototipi di cui sopra.
Ciò richiederebbe tempo e denaro… I fatti documentano altro.
L’aeronautica italiana entrò in guerra nel giugno 1940 con una linea caccia imperniata su biplani Fiat CR.42   e  CR.32 e su poche decine di monoplani carichi di difetti e limitati quanto a velocità, armamento e autonomia.
Dopo che la Regia Aeronautica aveva trascurato,disprezzato,irriso svariate brillanti soluzioni,  cui persino l’aeronautica britannica, quella francese e di un’altra decina di paesi (anche la neutrale Svezia) avevano manifestato concretamente attenzione, interesse e chiara, documentata, volontà di acquisto e di produzione su licenza (particolarmente la R.A.F.), l’osservatore non fazioso non può non rilevare i profondi limiti intellettuali dello Stato Maggiore e denunciarne la pochezza e l’inadeguatezza concettuale, nonché le gravissime, incancellabili responsabilità e, nel contempo, manifestare incondizionata ammirazione e profondo rispetto per quanti, piloti e specialisti, si batterono con enorme coraggio, dedizione ed eroismo durante il conflitto. Da un lato pesantissime responsabilità storiche e criminali carenze, dall’altro disciplina, coraggio,abilità, meritevoli di ben diversi ed efficienti mezzi.
Ponendosi in aperto contrasto con il Regno Unito e la Francia, era indispensabile – in termini di corretta politica estera- rendersi conto, a livello elementare, prima di quello tattico e strategico, che si trattava di due potenze con alle spalle un poderoso impero coloniale, ricchissimo di inesauribili risorse, prima fra tutte una dimensione aeronavale e industriale d’avanguardia; a ciò si dovevano aggiungere  i forti tradizionali rapporti con gli Stati Uniti d’America e  il controllo pressoché assoluto delle materie prime strategiche. Ciò implicava l’esigenza di disporre non solo di una flotta adeguata,ma di un apparato informativo proporzionale e di mezzi e strumenti ricognitivi aeronavali a grande raggio, di un apparato di comunicazioni assai sofisticato, a copertura dell’intero scacchiere mediterraneo e mediorientale e-oltre agli apparati tecnici – di personale qualificato, plurilingue e collaudato.

Oltre ciò, erano necessari una struttura e un’organizzazione idonea a supportare un’attività operativa tesa al controllo degli scacchieri interessati alle scelte operative e in grado di fornire tempestivamente, in tempo reale, informazioni, aggiornamenti a un centro unificato di analisi decisionali di Stato Maggiore Interforze.

Contrariamente a quanto sarebbe stato opportuno, se non proprio indispensabile- l’industria, in genere, si era appiattita sugli standard di una produzione ormai cristallizzata: biplani collaudati da almeno vent’anni, quindi costi di produzione altamente consolidati, ammortamenti di impianti del tutto insignificanti, metodologie prive di imprevisti…Tutto semplice e, in definitiva, profitti massimi e garantiti, nessuna concorrenza. Ricerche? Progetti? Innovazioni? Quando mai…
Si era convinti di possedere una grande aviazione.
La linea caccia si basava- sino a tutto il 1938- sul biplano Fiat CR.32.
Velocità massima  375 Km/h, due mitragliatrici calibro 12,7   sparanti attraverso il disco dell’elica.350 colpi per arma.
Come nel 1918.
Primo volo del prototipo 28 aprile 1933.
La produzione, avviata nel marzo 1934, si concluse nel maggio 1938.
Velivolo con carrello fisso; motore con elica bipala metallica a passo regolabile a terra.
Dopo un periodo di netta supremazia sull’aviazione repubblicana, siamo alla guerra di Spagna  , l la situazione muta sostanzialmente :l ‘Unione Sovietica fornisce ai repubblicani una serie di velivoli all’epoca molto validi: il bimotore da bombardamento Tupolev SB2 ( il cosiddetto Martin Bomber) e in seguito i caccia Polikarpov I.15 (Denominato Curtiss), il Polikarpov I.16 (denominato Rata), aereo più veloce dei CR.32 e con un forte armamento (quattro mitragliatrici calibro 7,62). E ‘ necessario precisare che il biplano venne impiegato anche nella prima fase del   secondo conflitto mondiale. Al 10 giugno 1940  294 C.R.32 equipaggiavano numerosi stormi e gruppi.
Neppure la crisi subentrata nei cieli di Spagna con la presenza dei caccia  e dei bombardieri di produzione sovietica (più veloci e più armati dei biplani nazionali) indusse lo Stato Maggiore della Regia Aeronautica a riesaminare, rivalutare, rimeditare la sua linea concettuale e tattica.
Subentra, a questo punto del ragionamento, se così vogliamo chiamarlo, o della riflessione, se si preferisce, una domanda specifica, alla quale pur consultando scritti, studi, documenti, verbali delle riunioni dello Stato Maggiore Generale, non si è riusciti in molti anni dedicati alla ricerca a dare una risposta soddisfacente e chiara:
_ Nessuno a Palazzo Aeronautica, in Viale del’Università a Roma, si era accorto che la Gran Bretagna aveva realizzato il velivolo da caccia Hurricane (un progetto del 1934 dovuto a Sidney Camm, capo progettista della Hawker Aircraft, progetto innescato dalla notizia riguardante un programma della Roll-Royce concernente  un potente motore raffreddato a liquido, il PV-12 ?). Primo volo in assoluto del prototipo: 6 novembre 1935, con il motore ancora in fase di sviluppo, precisano i tecnici del settore. Infatti la velocità massima espressa fu di 506 km/ha 5.000 metri di quota. Il 3 giugno 1936 la ditta produttrice ricevette un ordinativo di 600 esemplari, cui ne seguirono a breve altri,

Con una velocità massima di 515 Km/h, l’Hurricane  surclassava di ben 100/120 Km/h il biplano CR.42 della Fiat. Quest’ultimo, dopo essere subentrato al CR.32 nella  produzione aeronautica della casa torinese, era assurto al rango di velivolo da caccia di linea della Regia Aeronautica italiana. Il primo volo si era avuto il 23 maggio 1938, quando già l’Hurricane (primo volo del velivolo di serie: 12 ottobre 1937) armava una sezione dell’111° Squadrone, a Northolt, da circa sei mesi, completando la dotazione nel gennaio seguente.
In sintesi, i britannici si dotavano di monoplani con velocità superiore ai 500 Km/h e con un armamento di otto mitragliatrici, mentre la Regia Aeronautica, più di un anno dopo collaudava il prototipo del futuro caccia di linea, un  biplano con velocità di poco superiore ai 400 Km/h e armato con due mitragliatrici, sia pure da 12,7 mm, contro i    7,7  millimetri delle otto armi degli Hurricane’s. Da notare che i primi Hurricane lasciarono le linee di montaggio nell’ottobre 1937, quando invece i Fiat CR.42 giunsero ai reparti nel maggio 1939, oltre due anni dopo rispetto alle dotazioni di Hurricane nei reparti britannici.

Insintesi: Hawker Hurricane Mk.I - anno 1937 – motore Rolls-Royce Merlin II a 12 cilindri a V raffreddato a liquido da 1.030 HP.  Apertura alare. 12, 19 –lunghezza: m. 9,55; altezza: m .3.99-peso al decollo Kg.2.816 – velocità massima: 518 Km/h a 6.100 m. di quota: quota massima operativa: m. 10.180; Autonomia Km 845; armamento 8 mitragliatrici; equipaggio: 1 persona.

Fiat CR.42 anno 1939: motore Fiat A.74 RC 38, radiale a 14 cilindri raffreddato ad aria da 840 HP;apertura alare: m. 9,70- lunghezza m.8,26 – altezza: m. 3.30; peso al decollo kg. 2., 295; velocità massima km/h 440 a 6.000 m. di quota;  quota massima operativa m. 10.500, autonomia km 785. Armamento 2 mitragliatrici, equipaggio 1 persona.
Mentre il confronto delle date, mostrano di quale entità temporale e tecnica fossero il ritardo e l’inferiorità del biplano da caccia italiano rispetto al monoplano britannico, nel mondo aeronautico si concretizzavano altre intuizioni progettuali e realizzative.
In Gran Bretagna, 1938:
Supermarine SpitfireMk. I –anno 1938 – Motore Rolls-Royce Merlin II a 12 cilindri a V raffreddato a liquido da 1.030 HP – apertura alare  m. 11,22- lunghezza m. 9,12- altezza: m.3,48 – peso al decollo kg.2.415 – velocità massima km/h 571 a 5800 metri di quota- quota massima operativa:. m. 10.360 – autonomia km 805; armamento 8 mitragliatrici; equipaggio 1 persona.
In Germania:
Nel 1934 gli ingegneri Willy Messerschmitt e Walter Rethel  idearono e progettarono un velivolo eccezionale: monomotore monoplano scaturito da una considerazione alquanto originale: realizzare  la più piccola struttura . Nacque così il Messerschmitt Bf.109, velivolo da caccia tra i più prestigiosi della storia protagonista di primissimo piano della seconda guerra mondiale, validissimo antagonista dello Spitfire. Motore Daimler Benz DB 601, raffreddato a liquido da 1.050 HP, apertura alare m.9,87 – lunghezza m.9,85 – altezza: m.2,50, peso al decollo kg.2.010 – velocità massima 550 km/h- salita poi  a oltre 700 km/h tra il 1944 e il 1945. Quota massima operativa m. 10.500 – autonomia km 660 – armamento 2 mitragliatrici e 2 cannoni da 20 millimetri. Equipaggio, 1 persona.
Dalle aride e schematiche cifre delle caratteristiche principali dei velivoli di cui sopra e, particolarmente dalle varie date indicate, si nota che  in Gran Bretagna e in Germania a cavallo della metà degli anni ’30 del XX secolo si andava estrinsecando una filosofia progettuale e industriale completamente nuova che sconvolgeva i criteri sino ad allora dominanti nel campo della , cioè a dire l’impiego di gloriosi biplani; ne derivava non solo un salto di qualità generazionale e tecnico-costruttivo epocale, ma  una assoluta innovazione concettuale del ruolo dell’arma aerea, in quanto la combinazione velocità/potenza di fuoco dei velivoli da caccia sin qui evidenziati, mutava profondamente le tattiche sino ad allora codificate e attribuiva al nuovo velivolo da caccia il ruolo di dominatore assoluto degli spazi aerei, il cui controllo aveva, sin dalla Grande Guerra, rappresentato l’obiettivo primario da conseguire.
Come accaduto nel Regno Unito, dove all’Hurricane aveva fatto seguito lo Spitfire,così in Germania al 109, seguì il Focke Wulf  Fw.190 A.1, considerato dai tecnici il miglior caccia germanico della seconda guerra mondiale, capace di tenere testa allo Spitfire.  Mentre il 109 costruito in 35.000 esemplari rimane il velivolo da caccia costruito in maggior numero , il Focke, realizzato in13.367 esemplari nella versione intercettore e 6.634   esemplari quale caccia-bombardiere, rifulse per la capacità dimostrata di competere non solo con lo Spitfire, ma anche con il caccia statunitense P-51d Mustang, ritenuto da molti il miglior aereo da combattimento emerso nel secondo conflitto mondiale.
Tutto ciò, e quanto  in qui scritto, dimostra l’ importanza di disporre, anche oggi, di velivoli da caccia veloci, robusti, fortemente armati e costantemente perfezionati e migliorati.
Il progetto del Focke fu avviato nel 1937,  il primo volo del prototipo ebbe luogo il 1° giugno 1939 e il velivolo entrò in linea nel luglio 1941, formando  con il Messerschmitt 109 un binomio di formidabile efficacia. Conviene qui subito dire che se la Germania avesse accelerato l’entrata in linea dell’aviogetto Messerschmitt Me.262, impiegandolo esclusivamente come intercettore, probabilmente il corso della guerra in Europa avrebbe potuto subire significative variazioni di rotta.
N.B. Il progetto dell’Me.262 ebbe il suo inizio nel 1938. I propulsori, sarebbero stati i nuovi motori a  reazione in fase di sviluppo alla BMW: motori  P-3302da 600 kg. Si ebbero problemi  con i motori:   l’aviogetto volò la prima volta il 18 luglio 1942. L’Me262A-0 fu il velivolo di pre/serie. Si passo poi  alla variante: l’Me262a-1 con quattro cannoni da 30 mm, mentre la”1”b aggiungeva all’armamento 24 razzi aria-aria, ma senza guida. L’attività operativa ebbe inizio solo nel 1944 (luglio). Furono costruiti, in totale, 1.400 aviogetti, tra cui , oltre la serie intercettori, versioni cacciabombardieri, ricognitori, velivoli scuola biposto e caccia notturni.

Le pressioni di Hitler affinché l’aereo fosse impiegato come bombardiere per raids  sul Regno Unito, penalizzarono fortemente il ciclo produttivo e ritardarono di svariati mesi la disponibilità dell’aviogetto nel ruolo di intercettore.
Tornando all’argomento base: il Focke, anno1941- si segnalava per motore B.M.W. .800 C-1, radiale a 14 cilindri, raffreddato ad aria, da 1.600.HP- apertura alare: m. 10,59 – lunghezza: m. 8,84 -  altezza: m.3,94 – peso al decollo kg 3.973- velocità massima km/h 626 a 5.500 metri di quota – quota massima operativa : m. 20.600- autonomia km 800 – armamento: 4 mitragliatrici e  2 cannoni da 20 millimetri- equipaggio 1 persona.
La versione Fw. 190 D-9 del 1944, raggiungeva la velocità di 685 km/h a 6.600 metri di quota.
Da notare che la versione Ta. 152 H1 del 1945 del Focke Wulf aveva una velocità massima di 759 km/h alla quota di 12.500. Il velivolo aveva una quota operativa che sfiorava i 15.000 metri ed era armato con due cannoni da 20 millimetri e uno da 30 mm., sempre pilotato da un solo uomo.
N.B. I soli dati tecnici dell’aviogetto Me.262 consentono di accreditare il giudizio espresso poco sopra.
Infatti: Me.262 – costruttore Messerschmitt A.G.-  tipo caccia- anno 1944: motore:  2 Junkers Jumo 004B-1 da 900 kg di spinta –apertura alare m.12,48 – lunghezza m.10,60 – altezza m. 3,84 – peso al decollo kg 6.396 – velocità massima 869 km/h a 6.000 metri di quota – quota massima operativa m. 11.450 – autonomia km 1.050 – armamento 4 cannoni da 30 mm. – equipaggio 1 persona.
Sin qui si è dato opportuno spazio alle scelte e alle realizzazioni di due delle maggiori e alle sicuramente più avanzate aviazioni militari del mondo. E si era negli ultimi anni ‘30 del secolo XX.
In quel periodo quali furono le scelte della Regia Aeronautica italiana? Quali soluzioni si erano studiate e avviate per recuperare il non lieve ritardo  accumulato?
Possibile che nessuno, neppure per sentito dire in qualche  incontro in ricevimenti nelle sedi diplomatiche, avesse percepito, captato, saputo in qualche modo, anche tra le lenzuola, di quanto si andava facendo in fatto di aeroplani in Germania e nel Regno Unito?
Pare proprio di no, considerato quello che accadde e che seguì.
L’argomento richiede spazio e raffronti-sia pure sintetici- con quanto si andava realizzando altrove.
Il primo volo del biplano Fiat CR.42 avvenne il 23 maggio 1938. Seguì immediatamente una commessa di 200 esemplari da parte della Regia Aeronautica. Fu il primo indizio della confusione e delle contraddizioni tecnico-operative dello Stato Maggiore e dell’insipienza del generale Valle, all’epoca capo della Regia Aeronautica.

Considerato il velivolo di passaggio dalla formula biplana con carrello fisso a quella monoplana con carrello retrattile, Il Fiat G.50, denominato Freccia (primo volo il 6 Febbraio 1937),costruito dalla CMASA, sussidiaria della Fiat a  Marina di Pisa, ebbe una messa a punto tormentata a causa soprattutto dei fenomeni di autorotazione. Lunghissima la serie di voli di collaudo. Tutto il 1937 e il 1938. Dopo una non semplice esperienza sul fronte spagnolo e alcun modifiche, il velivolo entra in piena produzione pur non essendo risultato vincitore del concorso ministeriale,  nel confronto con il Macchi C.200. Sul fronte greco i G.50 devono vedersela con gli Hurricane britannici. Ne scaturisce la dimostrazione pratica e al tempo stesso drammatica dei limiti insiti nel velivolo: velocità inferiore del 10 % rispetto a quella del nemico, armamento insufficiente. In estrema sintesi, un velivolo sbagliato.
Le valutazioni tecniche si estrinsecano in giudizi apertamente negativi: l’aereo non ebbe mai caratteristiche entusiasmanti: robusto e tutto sommato abbastanza maneggevole, era carente in fatto di velocità (l’inadeguatezza dei motori è stata costantemente la lacuna principale – unitamente a quella dell’armamento- di tutti i velivoli da caccia italiani e questo in forza delle scelte,incomprensibili,della Regia Aeronautica).
Quale fosse la sensibilità circa il ruolo della caccia nel quadro delle operazioni belliche, lo si può evincere considerando che allo scoppio delle ostilità solo due stormi (118 velivoli, secondo altre fonti solo 97)) erano equipaggiati con il G.50.   La produzione complessiva si attestò su  782 esemplari.
Si tenga conto,  questo valga anche per ulteriori riferimenti  ai dati di costruzione, che in Germania la serie del caccia Messerschmitt Bf.109, primo modello costruito in grande quantità, venne realizzata in ben 1540 esemplari nel solo anno 1939. Allo scoppio del conflitto (1 settembre 1939) i reparti caccia della Luftwaffe erano equipaggiati con tale velivolo.
Altro aereo da caccia di quel periodo,  seconda metà degli anni 930,la fase del passaggio dai biplani ai monoplani per la Regia Aeronautica, è il Macchi C.200, il cui primo volo avvenne il 24 dicembre 1937: velocità massima km/h 512 a 5000 metri di quota; armamento le solite due mitragliatrici da 12,7 millimetri. montate sopra la cappottatura del motore e sparanti attraverso il disco dell’elica, come nel 1918, appunto…
Nel periodo citato, le varie aeronautiche militari misero le basi e  posero le fondamenta del futuro rendimento bellico così come  crearono i presupposti per ulteriori sviluppi. Quanto illustrato del Regno Unito e della Germania ne sono la controprova. La Regia Aeronautica, purtroppo, lungi dal porsi le domande corrette impegnando le industrie in ricerche e progettazioni adeguate, si accontentò di quanto le venne propinato e i risultati furono tragici.
Una trattazione ampia e documentata sulla vicenda dei velivoli disponibili e invece rifiutati o criminalmente ignorati dallo Stato Maggiore della Regia Aeronautica è  contenuta ne “I condottieri della disfatta” edizioni “Settimo Sigillo”, Roma, anno 2010 (pagg 119 e seg.). Lavoro vincitore del 1° Premio Giuseppe Spina, Roma (2004)

Panorama aeronautico

E’ opportuno, qui, un elenco delle caratteristiche salienti di alcuni tra i velivoli apparsi alla fine degli anni ‘30 del XX secolo e protagonisti degli eventi bellici della prima metà del secondo conflitto mondiale.
Reggiane Re.2000
Progettista : Alberto Longhi/Antonio Alessio
Costruttore: Reggiane
Primo volo: 24 maggio 1939
In servizio: 1939
Esemplari costruiti: 27
Velocità massima: 530 Kmh
Armamento: 2 Breda Safat da 12,7

Reggiane Falco 2001
Progettista: Alberto Longhi/Antonio Alessio
Costruttore: Reggiane
Primo volo: luglio 1940
In servizio: 1941
Velocità massina: 563 Km/h
Armamento: 2 Breda /Safat da 12,7 più 2 da 12,7 alari

Caproni/Vizzola F.5
Progettista Fabrizi/Baldassarri/Riparbelli
Costruttore: Caproni/Vizzola
Primo volo: Febbraio 1939
In servizio: 1941 (?)
Esemplari costruiti: 11
Velocità massima: 496 Km/h (prevista l’installazione di un potente motore di produzione germanica).
Armamento: 2/ da 12,7

Hawker Hurricane
Progettista: Sidney Camm
Costruttore: Hawker Aircraft
Primo volo: 6 novembre 1936
Entrata in servizio: ottobre 1937
Costruito in circa 14.000 esemplari
Velocità massima: 505 Km/h passata poi a 547 Km/h
Armamento: 8 mitragliatrici alari da 7,7, altre versioni con 4 cannoni da 20 mm.

Supermarine Spitfire
Progettista Reginald Joseph Joseph Smith
Costruttore: Supermarine
Primo Volo: 6 marzo 1936
In servizio: 4 agosto 1938
Esemplari costruiti: 22890 in 29 versioni
Velocità max: 594 Km/h, salita poi (1944) a circa 721 Km/h
Armamento 4 mitragliatrici da 7,7-  2 cannoni da 20 mm.

Macchi M.C.200
Progettista: Mario Castoldi
Costruttore: Aeronautica Macchi
Primo volo:  4 dicembre 1937
In servizio: 1939
Velocità massima: 510 Km/h
Armamento: 2 Breda Safat da 12,7

Fiat G.50
Progettista: Giuseppe Gabrielli
Costruttore: FIAT
Primo volo: 26 Febbraio 1937
In servizio 1939
Esemplari costruiti: 1237
Velocità massima: 470 Km/h
Armamento: 2 mitragliatrici da 12,7

Biplano Fiat CR. 42 (caccia base della Regia Aeronautica 1940-1943)
Progettista : Celestino Rosatelli
Costruttore: FIAT
Primo volo: 23 maggio 1938
In servizio: maggio 1939
Esemplari costruiti: 1784 (sino al 1943/44)
velocità massima: 430 Km/h
Armamento:  2 mitragliatrici da 12,7.

Messerschmitt Bf/109
Progettista Willy Messerschmitt
Costruttrore:  AG
Primo volo 29 maggio 1935
Luftwaffe
Velocità massima: 569 Km/h salita poi (1944)  a  727 Km/h
Armamento:  2 mitragliatrici e due cannoni da 20 mm. (esemplari costruiti 35.000).

Dalla qui presentata elencazione di dati tecnici essenziali, è possibile trarre, con qualche minuto di osservazione, un’autonoma valutazione sulle potenzialità disponibili e non sfruttate o trascurate.
L’arretratezza del pensiero tattico e operativo della Regia Aeronautica è sin troppo palese, mostrando una povertà assoluta di curiosità: non sarebbe stato difficile ad un servizio informazioni appena appena decente disporre dei dati tecnici e dei requisiti operativi di velivoli in linea dal 1937/38 e soprattutto di quelli dell’alleato germanico, subito dopo la firma del cosiddetto patto d'acciaio . Invece nulla si mosse e la Regia Aeronautica entrò nel conflitto con un caccia di prima linea (???) che altro non era se non uno sviluppo neppure ben riuscito di biplani risalenti al 1918!
Quali fossero le occasioni gettate al vento basti qui notare che, nel 1942, un’industria nazionale realizzò un velivolo da caccia veramente super, precisamente:
Rggiane Re.2005
Monoplano da caccia
progettista
Costruttore: Reggiane
Primo volo 1942 (N.B. Il motore destinato al prototipo scomparve letteralmente e  venne ritrovato solo dopo quattro mesi abbandonato in uno scalo ferroviario di Milano. Per questo il primo volo fu ritardato così pure la produzione e l’entrata in linea!! Non è dato sapere quali misure furono adottate contro i sabotatori). Il velivolo entrò in linea solo nel giugno 1943, con almeno più di un anno di ritardo rispetto al possibile e al programmato. Ne furono costruiti solo 70 esemplari.
Armamento: 3 cannoni da 20 mm e due mitragliatrici da 12,7.
Velocità massima 644 Km/h (motore Daimler Benz DB 605 A,  a 12 cilindri raffreddato a liquido; in picchiata il velivolo raggiungeva i  980 Km/h: una foto documenta il fatto (con notazione di pugno del pilota collaudatore, nel luglio 1943).

Questo per documentare le occasioni sprecate e le opportunità non sfruttate per sabotaggio ideologico e probabilmente corruzione.
Insistere nel pontificare sull’impreparazione e l’inferiorità tecnica non ha senso, tenuto conto di quali fossero le possibilità trascurate, ignorate, pretestuosamente bocciate con cavilli tecnici irrilevanti e apertamente ostili.
Sarebbe utile sviluppare un lavoro dedicato esclusivamente a un tale panorama, indicando, con nomi e cognomi , gradi e incarichi ricoperti,elencando rigorosamente i fatti, i protagonisti del sistematico danneggiamento, del filibustering, adottato e perseguito impunemente dal 1937-38 in avanti.  Primi responsabili che avrebbero dovuto essere processati da una Corte marziale e fucilati proprio i massimi esponenti delle Forze Armate. L’incompetenza oltre un certo limite diventa sabotaggio.
Le responsabilità di Mussolini sono gravissime. Non intervenne, si lasciò imbrogliare come un babbeo da quattro scalzacani che mentivano spudoratamente,  e precisamente: dagli ammiragli Cavagnari e  Riccardi, dai generali Pricolo, Badoglio, Graziani e in seguito dai loro degni emuli: Bastico, Gambara, Piazzoni (si veda relativamente ai due ultimi generali citati: “La vittoria tradita”, Edizioni Settimo Sigillo, Roma, 2008).
Nessuno, qui, vuol sostenere che sarebbe stato possibile vincere la guerra. Si vuole solo ed esclusivamente dimostrare che era possibile condurla in modo totalmente, completamente diverso, utilizzando quanto era disponibile e quanto alcuni industriali e tecnici avevano offerto grazie ai loro studi e alla loro iniziativa (Il professore Ugo Tiberio, l’ingegnere Gianni Caproni, tanto per citarne alcuni). Forse un controspionaggio autentico avrebbe consentito di vederci chiaro.

La lezione impartita dagli "altri"

Quella che può essere definita la filosofia della dottrina militare, che meglio può essere classificata come pensiero, concezione, teoria militare, si attaglia ad una serie di concetti apparentemente scontati, in realtà sottovalutati. La Storia è fatta in massima parte delle intuizioni di determinati personaggi, sovente, ritenuti marginali, se non addirittura secondari. E’ indispensabile, al contrario, documentarsi accuratamente, osservare, analizzare, confrontare, comparare… Nulla del genere ebbero l’avvertenza di fare i massimi responsabili delle Forze Armate italiane nel decennio 1920-1929 e ancora dopo dal 1930 al 1938-39.
Mentre, ad esempio, le marine militari delle maggiori potenze dell’epoca – Gran Bretagna, Giappone, Stati Uniti d’America e, persino, marine minori come quelle di Francia e Germania, avevano varato piani di potenziamento, in particolare nel settore aero-marittimo, la Regia Marina- che pur vantava, sulla carta, la più numerosa e agguerrita flotta sottomarina- disprezzava l’aerosiluro e non intendeva dotarsi di portaerei, anche se nella delicata e complicata fase politico-diplomatica precedente il conflitto con l’Abissinia, secondo il competente Stato Maggiore erano  state ritenute necessarie tre portaerei, programma (già virtualmente avviato per quanto atteneva alla progettazione)  poi misteriosamente evaporato-  i vertici della Regia    Marina si accanivano nella penosa e umiliante querelle con l’Aeronautica sulla questione dei siluri aviolanciabili, situazione resa ancor più deludente data l’incapacità di Badoglio e di Mussolini di imporre una scelta. Ciò denunciava un malessere profondo, esiziale, nella struttura di alto comando delle Forze Armate (unitamente ai penosi limiti nel campo dei mezzi corazzati e del comparto contro/carri) sintomo innegabile di mancanza di una volontà ferrea di combattere,  utilizzando ogni risorsa per vincere.
Appariva in forma incontestabile l’incapacità assoluta di tutti i protagonisti di comprendere quali fossero gli orientamenti decisivi nel campo della guerra marittima, cioè a dire la sempre più stretta collaborazione con il mezzo aereo, quindi la trasformazione dottrinaria, concettuale, strutturale, organizzativa, addestrativa, operativa della Flotta da forza unicamente di superficie con capacità subacquee, in strumento polivalente, con spiccata e crescente capacità di proiettare a largo raggio la sua potenza, utilizzando il braccio aereo nella triplice versione: 1) ricognizione/scoperta; 2)offensiva/aerosilurante e bombardamento; 3) anti/som.
La stupida, meschina (ultra quarantennale, purtroppo) rivalità tra Marina e Aeronautica, l’assurda, idiota pretesa dell’aviazione, secondo cui tutto ciò che vola è dell’aviazione, le ridicole e patetiche teorie di certi alti ufficiali dell’Aeronautica sul “penoso spettacolo” di un lancio sperimentale di siluro dall’aereo, formavano la sostanza della dottrina, del dibattito tecnico-operativo nella seconda metà degli anni ‘Trenta’ del secolo scorso, circa la presenza, l’impiego, il ruolo  di un tale sistema d'arma.
Giova qui ricordare (ma l’argomento merita ben altra trattazione…) che durante il secondo conflitto mondiale l’impiego da parte della Royal Navy dei biplani aerosiluranti Swordfihs (velocità massima 125 nodi alla quota di 1.500 metri, velocità ascensionale: 10 minuti per raggiungere la quota di 1.524 metri; autonomia716 chilometri con un siluro da 730 chilogrammi, quota di tangenza, 3.261 metri),  fece registrare una serie clamorosa e micidiale di successi: il siluramento di tre navi da battaglia italiane a Taranto, la notte sul 12 novembre 1940, il siluramento della corazzata Vittorio Veneto e dell’incrociatore Pola nelle acque di Capo Matapan, nel marzo 1941, il siluramento della corazzata tedesca Bismarck nelle acque dell’Atlantico, seguito poi dall’affondamento della potente nave germanica ad opera delle navi da battaglia della Home Fleet.
Gli Swordfish…si trattava di velivoli di concezione antiquata, ma validi, con equipaggi (due e/o tre uomini) altamente addestrati e  motivati, supportati da portaerei con ponti corazzati e da scorte di superficie dotate di radar, biplani all’apparenza fragili (denominati stringbag), ma quanto mai efficaci, anche nella lotta antisom. L’aerosiluro, quindi, inflisse una cocente sconfitta alla Regia Marina, un’arma che l’Italia possedeva dagli anni ’30 del secolo scorso, ma che non volle impiegare pur disponendo di un siluro aviolanciabile da 80/100 metri di quota, caratteristica e capacità sconosciute altrove.
Tra il 1935 e il 1940 si sarebbero potute costituire, armare, addestrare decine di squadriglie pronte all’azione sin dalla dichiarazione di guerra (10 giugno 1940) solo si fosse riflettuto quanto ebbe a vaticinare  ancora nel 1918, Gabriele d’Annunzio (“con duecento aerosiluranti l’Italia dominerebbe il Mediterraneo").
Altrove, invece…
Previdenti e prudenti, diffidenti e attentissimi agli sviluppi tecnici e scientifici, guidati da un potere politico/economico fermo e oculato e teso unicamente alla sicurezza dell’Impero e al monolitico controllo delle materie prime strategiche, patrimonio di vasti possedimenti occupati (non a caso) e protetti dalla Flotta, i Britannici osservavano con estrema attenzione il panorama strategico mondiale e ne percepivano i possibili sviluppi, analizzandone le possibili e probabili evoluzioni e eventualmente influenzandole data la loro profonda penetrazione psicologica, economica e la pressione esercitata  usando sapientemente la leva della  potenza militare e della convenienza ad accordarsi con il più forte.
Il Regno d’Italia e il suo impero coloniale predominavano (teoricamente) nel Mediterraneo e si ponevano, nell’Africa Orientale come un cuneo minaccioso tra i domini britannici, con una potenzialità di prima grandezza, di proiettare potenza nell’Oceano Indiano se non addirittura nel Mar Rosso con riflessi insidiosi sul Golfo Persico. Sussisteva, tuttavia, una grave limitazione concettuale: allo Stato Maggiore della Regia Marina, nel severo Palazzo di Lungotevere delle Navi a Roma, un tale orizzonte non faceva parte della geografia dell’Ammiragliato italiano.  (1-Continua)